Simone Vallerotonda

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Zamboni e la scelta del liuto

[Intervista pubblicata dalla rivista Amadeus, luglio 2016]

Dopo aver intervistato Giovanni Sgaria, direttore artistico di Arcana, prosegue la nostra indagine per capire il nuovo progetto “solo digitale” lanciato nei mesi scorsi. Sgaria ci aveva raccontato (vedi intervista La nuova via al “only digital) il progetto dal punto di vista del produttore, invece Simone Vallerotonda ci svela l’aspetto dell’esecutore e della scelta di percorrere un repertorio poco conosciuto, come quello di Giovanni Zamboni, compositore del XVIII secolo, protagonista delle registrazioni digitali presenti nel disco “Giovanni Zamboni. L’ultimo romano”.

Giovane ma già apprezzatissimo musicista Vallerotonda è nato a Roma e dopo gli iniziali studi musicali sulla chitarra moderna, si è avvicinato al liuto diplomamdosi al Conservatorio S. Cecilia… ma è lo stesso Simone che brevemente si racconta.

Raccontaci da dove nasce la passione per il tuo strumento
«Ho iniziato a 7 anni a suonare la chitarra di mio fratello di nascosto. Poi, dopo aver iniziato lo studio classico della chitarra ho capito che non era per me, e a 18 anni ho comprato il mio primo liuto rinascimentale. Da lì ho fatto un percorso in Italia, diplomandomi con 10 al Conservatorio di Roma, e poi specializzandomi con Rolf Lislevand a Trossingen in Germania su tiorba e chitarra barocca, anche lì con il massimo dei voti».

Come è avvenuta la scelta di dedicare un disco a Giovanni Zamboni?
«Giovanni Zamboni romano, è un autore poco suonato, che ha scritto musica per arciliuto in un periodo in cui a Roma nessuno la stampava più. Doveva infatti esser sua la mano che ha inciso sulle lastre le intavolature. L’unico esemplare che abbiamo resta nella biblioteca del Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” a Roma. Da romano e liutista come lui, con 3 secoli di distanza, non potevo esimermi dal suonare la sua musica e farla conoscere al pubblico».

Tu hai partecipato da strumentista a moltissimi progetti registrati su disco, cosa ti aspetti da questa avventura in digitale?
«Da liutista ho registrato per il momento 24 dischi in ensemble e orchestre come continuista (duro lavoro). Da solista questo è il secondo. Questa nuova avventura in digitale che l’etichetta Arcana ha deciso di intraprendere con me, è sicuramente un segno dei tempi che cambiano. Lo dico da affezionato al cd fisico che comunque continuerà per tutta la vita a comprare dischi. I tempi e i costumi cambiano e il consumo dell musica li segue. Dunque proviamo anche con la musica di Zamboni a entrare nelle cuffiette della gente».

In questi ultimi anni c’è una nuova curiosità verso la musica antica, per la tua esperienza da cosa deriva?

«La mia esperienza con la musica antica arriva dalla curiosità che avevo per le intavolature per liuto, già quando suonavo la chitarra. Me le suonavo scordando la chitarra per ricreare l’accordatura del liuto, infatti. Poi da lì è stato, ed è tutt’ora, un mondo che mi regala sapere e crescita enorme, avendo la possibilità di suonare insieme a grandi musicisti molto più famosi di me.. Il pubblico sta capendo questo valore e questa novità che risiede nell’antico e forse sta aprendo gli occhi non solo al romanticismo e all’opera lirica, sempre rispettatissime per carità».

I tuoi prossimi progetti musicali e non?
«I miei prossimi progetti musicali sono su due strade: da solista voglio metter le mani sulla musica francese per liuto di fine ’600, un mondo dei suoni ermetico e metafisico che ha fatto scuola ai grandi clavicembalisti dell’epoca. Poi c’è il grande Weiss che sta lì in libreria e aspetta di esser sbordonato. Con il mio ensemble “I Bassifondi” invece abbiamo appena registrato il nostro primo album dedicato ad un particolare repertorio per chitarra barocca, pieno di “accordi falsi”… ma questa è un’altra storia. Stiamo in attesa di pubblicarlo e siamo in contatto con diverse case discografiche interessate al progetto (“the song remains the same” come dicevano i Led Zeppelin). Progetti non musicali: ho iniziato da un anno a fare Yoga e lo consiglio a tutti. Cambia la vita!».

Riccardo Santangelo