Simone Vallerotonda

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Tra musica e pittura: Simone Vallerotonda

[Intervista pubblicata dalla rivista Amadeus, maggio 2017]

Dopo aver cominciato lo studio della chitarra classica rimane folgorato dalla musica antica e prende in mano tiorba e liuto: Simone Vallerotonda è oggi più che una promessa nell’ambito del repertorio barocco. Da circa un anno, insieme al CIDIM, è anche protagonista di un progetto che unisce musica e arte figurativa e che domani fa tappa a Dublino, in occasione della mostra Beyond Caravaggio alla National Gallery of Ireland.

Come comincia la sua avventura con la musica?

«Ho iniziato a suonare da piccolo la chitarra di mio fratello di nascosto, cercando di ripetere a orecchio quello che lui faceva durante le lezioni».

Quando la folgorazione per il repertorio antico?

«Dopo aver iniziato a studiare chitarra classica, e dopo una parentesi di chitarra elettrica, a 18 anni ho comprato il mio primo liuto rinascimentale. La folgorazione è stata piuttosto una consapevolezza della bellezza di questo repertorio che suonavo già sulla chitarra classica scordandola per avere la stessa accordatura del Liuto».

Poi Tiorba e chitarra barocca a Trossingen. Quali sono le differenze tra i due strumenti?

«Sì, dopo il diploma al Conservatorio “S. Cecilia” a Roma, sono andato a Trossingen, paesino sperduto nella foresta nera della Germania del sud ovest, dove ho passato gli anni più significativi e difficili della mia vita musicale: il master con Rolf Lislevand su tiorba e chitarra barocca. Studiavo 7 ore al giorno e bevevo quotidianamente 1 litro di birra. I due strumenti sono pane quotidiano del liutista antico come di quello moderno. Sono due strumenti totalmente opposti, direi complementari: la tiorba ha 14 corde gravi, la chitarra ne ha 5 acute».

Accanto alla musica anche la filosofia…

«Sì, avevo iniziato l’università per fare i rinvii al servizio di leva e mi iscrissi al DAMS senza pensarci. Poi, dopo aver fatto un esame in 1 anno, ho capito che stavo perdendo tempo e che non era per me. Così per dare un senso allo studio e far qualcosa di veramente formativo, ho cambiato facoltà e son passato a Filosofia, facendo la laurea base e poi la specialistica in Estetica. È un bagaglio che mi porto tuttora dentro. La Filosofia aiuta a pensare, a conoscere te stesso e la realtà passata e attuale. L’uomo è sempre lo stesso nel corso dei secoli».

Oltre alla carriera solistica collabora con diversi ensemble…

«A mio avviso un liutista deve saper suonare da solo ma anche in gruppo. Una sola delle due attività rende poveri. Inizialmente ho fatto tante opere imparando a stare al buio nella buca dell’orchestra seguendo i cantanti che sono sopra la tua testa a recitare; poi ho ridotto le opere e mi son dedicato a organici più piccoli in cui c’è più spazio solistico anche nel basso continuo. Mi reputo fortunato perché ho sempre accompagnato grandi solisti da cui ho imparato tanto e con cui collaboro ancora».

Insieme al CIDIM è protagonista di un progetto che intende valorizzare le relazioni tra musica e pittura.

«Dare voce o meglio il suono ai quadri dei grandi artisti del Barocco è un’operazione sinestetica che mi ha sempre affascinato. Gli strumenti dell’epoca, le scene di vita musicale sulle tele hanno un’altro sapore se si osservano e si ascoltano nello stesso tempo. C’è tanta gente, magari esperta di Caravaggio, Gentileschi o Carracci, che conosce tutte le loro opere ma non hanno mai visto né sentito uno dei tanti liuti o chitarre lì raffigurate».

Prossimo appuntamento a Dublino in omaggio a Caravaggio?

«Si tornerò a Dublino con un programma musicale che ha per tema il “chiaroscuro”. Tenterò di ricrearlo con la tiorba e la chitarra con musiche del primo Seicento. Colori forti, scuri, contrasti e bizzarrie… sonore».

Biagio Scuderi

 

intervista amadeus maggio 2017
Pdf dell’intervista (Maggio 2017)