Simone Vallerotonda

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tiorba vallerotonda

Suoni per Vermeer [GDM]

Suoni per Vermeer - GDM[Recensione pubblicata dalla rivista GDM, gennaio 2017]

Musica al Museo di Capodimonte di Napoli è come se fosse una vetrina ad esso dedicata: ogni tappa sembra imperdibile. È abbastanza inusuale poi presentarsi in un museo davanti ad un quadro, “La donna con il liuto” – dal Metropolitan Museum of Art di New York per la prima volta a Napoli – e poterne ascoltare il suono, pur sempre immaginario. Entrare e soggiornare a lungo nella musica che un quadro potrebbe esprimere, chiudersi nel cerchio magico che inevitabilmente si forma con il musicista in carne ed ossa ed il suo strumento, è viverne l’essenza che l’ha ispirato. Uscirne alla fine disorienta.

Il concerto “Luci e ombre sonore“, tenutosi sabato presso la sala Tiziano del museo napoletano, con il contributo del CIDIM, è declinato alla Vermeer, pensato sul profilo di colorature e timbri. Il recital, con tiorba – strumento dalla voce profonda e forte – e chitarra spagnuola del seicento più squadrata, chiara e monocroma, che omaggia lo splendido quadro, punta di diamante in esposizione temporanea tra collezioni, Farnese, d’Avalos, Borgia ed arte contemporanea che il museo offre, non avrebbe potuto suonare più evidente: raffinato e appassionato nelle composizioni di Francesco Corbetta, Robert de Visée, Santiago de Murcia, Antonio de Santa Cruz e Angelo Michele Bortolotti.

La lettura del giovane Simone Vallerotonda, dominio tecnico e talento, di capolavori del Seicento musicale tra Italia, Francia e Spagna, si offre con caratteristiche spiccate: aristocratica, saggia, provocante. Lentamente, al passo con il disteso evolversi della scrittura musicale – che dissonanze da brividi nel preludio di Hieronimus Kapsberger che apre il concerto – trasuda ad ogni istante purezza artistica, trasformata in gesto musicale. Danze e ritmi, tarantelas, cumbées, poi capricci e passacaglie sempre più carnali, eseguiti con maestria e stile, senza eccessi e con squarci di sonorità inedite, restituiscono il carattere profondamente antico della partitura, cogliendone l’essenza fatale di un trillo, mordente, acciaccatura. Tanto più antica perché ha al centro la “bellezza” del fraseggio musicale, sola a chiudere ogni discorso.

Superato l’ostico Caprice de Cachone di Corbetta, Vallerotonda si abbandona alle potenzialità dei due strumenti, non più avversari da affrontare ma alleati, suona in maniera più rassicurante, duttile e confidente, proponendo con passo lesto la Villanelle e Les Sylvains de Mr. Couperin di R. de Visée, le due passacaglie (per la D, per la X) di Bortolotti e Corbetta, ed il sontuoso finale Zarambeque/Muecas, Minuet y Ayre di S. de Murcia. Di appuntamenti culturali il museo è ricco, le potenzialità della città alte. Il dipinto di Vermeer è al Museo di Capodimonte fino al 9 febbraio: chi può, si metta in viaggio.

Salvatore Morra